Le proposte della commissione europea per gli ecoschemi: luci ed ombre
La Commissione Europea ha pubblicato ieri un nuovo documento sugli ecoschemi. Un breve leaflet in cui la Commissione, come richiesto dal Parlamento Europeo, stila un elenco, ad oggi ancora del tutto indicativo, in cui entra nel merito degli obiettivi e di alcuni possibili interventi che gli Stati Membri potranno mettere in campo.
La Commissione ricorda come gli ecoschemi, così come tutta la PAC, dovranno contribuire agli obiettivi del Green Deal ed in particolare delle strategie Biodiversità 2030 e Farm to Fork. Da evidenziare anche l’inserimento tra gli obiettivi, oltre ai 3 sulla sostenibilità economica, anche l’obiettivo 9 sul benessere animale, come richiesto da Consiglio e Parlamento nei loro emendamenti alle proposte di regolamenti, che amplia quindi l’elenco delle pratiche suggerite dalla Commissione.
Scorrendo le due pagine di proposte di intervento, suddivise per tipologie di azione, si trovano, a nostro avviso, sia proposte positive, sia alcune proposte che destano preoccupazione poiché potrebbero essere utilizzate dagli Stati Membri per finanziare lo status quo o addirittura ad aprire a pratiche rischiose per la biodiversità e l’ambiente.
Accogliamo, ovviamente, con favore l’inserimento dell’agricoltura biologica tra le pratiche finanziabili con gli ecoschemi. La Commissione propone sia la conversione che il mantenimento all’interno degli ecoschemi, a nostro avviso rimane una soluzione maggiormente praticabile e ottimale il finanziamento su due tipologie di intervento differenti, ossia la conversione attraverso il secondo pilastro e il mantenimento attraverso gli ecoschemi. Non convince, invece, il sostegno con questo strumento dell’agricoltura integrata, soprattutto con i disciplinari oggi in vigore.
Il rischio è ancora una volta di premiare a pioggia un vasto numero di aziende senza spingere verso il cambiamento necessario, positive sono invece alcune degli interventi di dettaglio, come le flower-strip e il diserbo meccanico. Tra le pratiche indicate in questa tipologia vi è anche l’uso di “varietà resistenti”, occorre prestare molta attenzione a questo punto, poiché potrebbe aprire la strada al finanziamento dell’uso delle nuove varietà prodotte con le pratiche NBT, per le quali le associazioni di CambiamoAgricoltura, ribadiscono al loro contrarietà. Questa indicazione, per essere utile agli obiettivi di sostenibilità, dovrà essere declinata dagli stati membri come un incentivo alla scelta di colture e varietà adatte ai diversi territori, incentivando le varietà locali e antiche.
Dubbi anche sulla possibilità di sovvenzionare la coltivazione del riso in asciutta (anche alternate alla sommersione) per ridurre le emissioni di metano. Recenti studi dimostrano come una corretta gestione delle risaie sommerse non aumentano in modo significativo tali emissioni, mente è dimostrato come la coltivazione in asciutta comporta impatti negativi sia sulla biodiversità sia sull’equilibrio idrico (es. ricarica delle falde).
Si ribadiscono infine i timori per l’inserimento degli ecoschemi con pagamento a capo per il comparto zootecnico, benché legati al benessere animale. Le associazioni di CambiamoAgricoltura intravedono, infatti, il rischio di un finanziamento a pioggia alla zootecnia intensiva se come metro del benessere degli animali rimarranno le norme ad oggi in discussione in Italia. Occorre che con gli ecoschemi, al fine di raggiungere tutti gli obiettivi di sostenibilità, venga incentivata la zootecnia che garantisca adeguati spazi all’aperto per il bestiame, le pratiche di estensificazione in particolare delle razze autoctone, nonché di approvvigionamento sostenibile dei mangimi (anche rispetto alle ricadute sui paesi terzi).
Sulla base di queste considerazioni, condivise anche dalle altre organizzazioni a livello Europe, si aprirà un confronto con la CE perché riveda alcune indicazioni nei documenti accessori che dovrà redigere in seguito all’approvazione definitiva dei regolamenti per la futura PAC ad oggi ancora in discussione nel trilogo. Occorrerà inoltre vigilare perché questo documento venga utilizzato dagli Stati Membri, non per una corsa al ribasso ma identificando le pratiche più virtuose ed efficaci in linea con le esigenze di cambiamento del modello agricolo evidenziato dalle strategie europee.
Purtroppo sul fronte nazionale il processo di definizione del Piano Strategico per la PAC pare nuovamente interrotto (e non solo in dipendenza della recente crisi di governo), auspichiamo, quindi, che la prossima compagine di Governo accolga anche per il settore agricolo l’invito alla partecipazione e alla sostenibilità ribadito dalla Commissione anche in questo nuovo documento.